L’Abruzzo mostra al visitatore numerose sfaccettature, che la rendono una delle più belle regioni d’Italia.
Sono numerosi i suoi gioielli storici e naturalistici; dal Parco Nazionale del Gran Paradiso al Lago di Scanno, dalla Costa dei Trabocchi alla spettacolare Rocca Calascio.
L’Abruzzo è però anche meta di pellegrinaggi, alla luce dei tanti santuari presenti sul suo territorio; tra questi non si possono non citare il panoramico Eremo di San Bartolomeo in Legio e, soprattutto, il Santuario del Volto Santo di Manoppello. Presso quest’ultimo è conservato quello che è considerato il Velo della Veronica; il cui culto inizia già nel medioevo e al quale è dedicata una sentitissima festa patronale nel mese mariano di maggio.
Cosa tratteremo
Il Santuario del Volto Santo di Manoppello in Abruzzo
Manopello è un piccolo borgo in provincia di Pescara; qui sono presenti un interessante Museo Archeologico ricco di reperti di epoca romana e l’Abbazia di S.Arabona del XII secolo.
La fama di Manoppello è però indissolubilmente legata alla presenza del Santuario del Volto Santo, visitato peraltro nel 2006 anche dal pontefice Benedetto XVI. La basilica sorge appena fuori dal centro storico di Manoppello, su un colle; la sua costruzione fu voluta nel 1620 da Donato Antonio de Fabritiis. Nel corso della sua storia ci abitarono i cappuccini prima e le clarisse poi; poi diventò anche una scuola per il noviziato e la sede di un seminario serafico.
Anche dal punto di vista architettonico il Santuario mostra un aspetto differente rispetto alle origini; l’esterno è barocco, con una facciata a capanna decorata con mattoni rossi e bianchi che formano tante piccole croci. Accanto svetta il campanile seicentesco in mattoni rossi, con tanto di decorazioni in candida pietra.
All’interno è possibile ammirare uno splendido tabernacolo settecentesco con preziosi inserti in madreperla; non solo, anche dipinti, una ricca sala con gli ex-voto e soprattutto la reliquia, che attira pellegrini da tutta Italia e non solo. Si tratta del Velo della Veronica, ossia quella tela che avrebbe deterso il volto del Cristo nel corso della sua dolorosa Via Crucis.
Il velo è leggero, quasi trasparente e il viso è impresso su entrambi i lati; si scorgono chiaramente i capelli lunghi con un ciuffo sulla fronte, la barba, le guance abbastanza asimmetriche (una infatti sembra più gonfia e rotondeggiante); la bocca appena aperta con quattro denti visibili e gli occhi che guardano in alto, in un espressione profonda e penetrante. Il Velo della Veronica ha un colore marroncino e perfino impresse le macchie del sangue del Cristo che portava la sua croce alla volta del Monte Golgota.
Storia e leggenda del Velo della Veronica
Il professore Hernrich Pfeiffer ha accertato, nel corso dei suoi studi, che la reliquia conservata nel Santuario di Manoppello è con tutta probabilità il Velo della Veronica. Analizzando l’immagine, il professore gesuita ha affermato che il manufatto è acheropita, ossia realizzato non da mani umane, in quanto non presenta alcuna traccia di pittura.
Anni dopo anche la suora Blandina Paschalis Schlòmer ha studiato approfonditamente il Velo della Veronica; lo ha ritenuto addirittura sovrapponibile alla Sacra Sindone, oggi conservata nel Duomo di Torino. Le uniche differenze tra le due reliquie sono gli occhi, chiusi nella Sindone e ancora aperti nel Velo Santo; segno di un Cristo ancora vivo nel momento in cui ha posato il suo viso sul panno.
Inizialmente la reliquia si trovava a Roma, all’interno della Basilica di San Pietro; nel 135 fu trafugata per poi ritrovarsi a Manoppello dall’anno 1608. La storia e la leggenda si fondono, dando spiegazioni differenti riguardo la presenza della sacra reliquia in questo piccolo angolo di Abruzzo.
La leggenda narra che un giorno del 1506 un pellegrino dall’aspetto etereo sarebbe giunto a Manoppello; qui avrebbe donato quello che affermava essere il ritratto del volto del Cristo a Giacomo Antonio Leonelli. La gente che era lì vide entrare l’uomo in chiesa senza mai uscirne. In seguito il Leonelli vendette il velo a Donato Antonio de Fabritiis per circa 4 scudi; questi lo consegnò al cappuccino padre Clemente per dargli una sistemazione consona al suo valore storico e religioso. Nel Santuario di Manoppello si trova esattamente dietro l’altare maggiore, in una teca in vetro.
La storia narra che fu la discendente del Leonelli, una certa Marzia, a vendere la reliquia per riscattare la libertà del suo consorte imprigionato a Chieti. L’altra teoria è che abbia convinto invece il marito a trafugare la reliquia sulla quale le era stato negato ogni diritto ereditario.